Di parole in queste ore ne sono state fatte tante, così come di inchiostro ne è stato versato molto, spesso a sproposito. Ho appena letto, invece, un interessante articolo a firma Riccardo Luna, del quotidiano romano, "Il romanista" che vi invito a leggere.
"Almeno in momenti come questi, con il cuore gonfio di lacrime per un altro tifoso innocente morto e una città, la nostra, messa a ferro e fuoco per una rappresaglia senza senso, almeno adesso bisognerebbe essere sinceri. Avere il coraggio civico di dirsi le cose come stanno. E invece girano le solite balle. Il solito vuoto dibattito. Il solito scarico di responsabilità che non porterà a niente fino al prossimo morto. E' così da trent'anni: ho perso il conto dei decreti legge che dovevano rimettere a posto tutto. Ridare il calcio ai tifosi. E invece lo hanno sepolto. Bisognerebbe essere sinceri almeno oggi e non avere paura di dirsi subito una cosa: non è stata una tragica fatalità. Una tragica fatalità è un vaso che scivola da un balcone e ti colpisce in testa, un gradino che ti fa scivolare, un colpo di vento che fa sbattere una finestra rompendo il vetro. Se un poliziotto da trenta metri spara ad un ragazzo seduto nella sua macchina che sta uscendo da un autogrill e gli spezza il collo, quella non è una tragica fatalità. E' un omicidio. Si può discutere se colposo, volontario o addirittura premeditato, come dirà qualche esaltato, ma omicidio resta. Qualcuno ha spinto quel vaso, rotto quel gradino, soffiato sulla finestra fingendosi vento. Quel qualcuno è un omicida. Anche se ad oggi, ventiquattrore dopo i fatti, non è nemmeno indagato e non ne conosciamo nome, cognome ed età, come sarebbe accaduto se al suo posto ci fosse stato un cittadino qualunque. , oltre che pericolosa, la versione data ieri da questore di Arezzo: patetica perché se in quell'autogrill un agente ha esploso due colpi di pistola, gli unici colpi di pistola, e lì un tifoso è morto per un colpo di pistola, non ha senso dire che l'agente forse non ha causato la morte del ragazzo; ed è pericolosa perché se si dà la sensazione che ci sono morti di serie A e serie B (perché non fermare il campionato, se venne fatto per il povero Raciti?), e quindi anche assassini di serie A e serie B, si arma la mano dei teppisti che cercano vendetta. Alcuni non aspettavano altro. Almeno oggi, bisognerebbe essere sinceri. Avere il coraggio di dirsi che se Gabriele Sandri era quel bravo ragazzo che tutti da ieri piangono, e noi con i familiari e gli amici, beh Gabriele non avrebbe approvato quel che è successo dopo a Roma. I venti agenti feriti, gli assalti a tutte le caserme delle forze dell'ordine della zona del Flaminio, una per una, con una sistematicità agghiacciante, il pestaggio di sei vigili urbani che stavano lì a smistare il traffico, la devastazione della sede del Coni, le botte a fotografi e cameraman. Non era per Gabriele che lo hanno fatto. Non era per Gabriele che si sono armati di spranghe e bastoni, che si sono coperti il viso con i passamontagna e per tre ore hanno seminato il terrore in una zona nevralgica della città: lo stadio Olimpico, il teatro delle nostre passioni sportive, il luogo dove un tempo si andava per sognare. Non era per Gabriele, anche se diranno di averlo fatto in suo nome, per vendicarlo. No. Lo hanno fatto perché odiano i poliziotti, i carabinieri, e tutti quelli che hanno una divisa. Anche se dirigono il traffico e basta. Anche se hanno una pettorina da fotoreporter e basta. E' su questo odio insensato che dovremmo riflettere. Sui motivi per cui un giovane agente, con dieci anni di servizio ed un curriculum da primo della classe, spara ad altezza uomo da trenta metri perché ha notato una rissa. Non perché sa che lì in mezzo c'è Bin Laden o Totò Riina o un altro pericoloso terrorista. No, c'è una banale rissa fra i passeggeri di due macchine. Magari litigano per il traffico, una questione di precedenze... Magari, non sarebbe accaduto nulla. E invece il poliziotto vede le sciarpe e le bandiere. Lì ci sono tifosi, che ai suoi occhi evidentemente sono altrettanto cattivi e pericolosi dei terroristi. Perché vanno in trasferta, nonostante i decreti, perché amano il calcio, nonostante tutti. E perché odiano quelli come lui, con la divisa. Che spesso ci rimettono la salute, tornano a casa feriti e menati. Una volta uno di loro è anche morto ammazzato. E' successo poco tempo fa, a febbraio, anche se non è chiaro ancora chi lo abbia ammazzato. E allora lui spara. E uccide. Non è una tragica fatalità una cosa che può accadere ogni domenica. Questo è il Far West. Anzi, è una guerra. E' la guerra del calcio. Per questo dico che siamo tutti colpevoli della morte di Gabriele Sandri. Tutti: per non avere fatto abbastanza per restituire il calcio ad una dimensione civile ed umana. Per non avere denunciato i violenti, per non aver spinto i tifosi di tutte le squadre a incontrarsi, parlarsi. Non odiarsi più. Anche con chi ha una divisa ed è lì per difenderci. Salvare il calcio, ammesso che sia ancora possibile, non è solo un fatto di divieti, è una questione di cultura. Di educazione, di rispetto. Che nessuno insegna più. Se un decimo del tempo impegnato per la riforma dei diritti televisivi, fosse stato impiegato per parlare ai tifosi, non far sentire soli i tanti innamorati di calcio, oggi forse non piangeremmo Gabbo. Ma volete mettere 900 milioni di euro da spartirsi, con una banalissima vita umana? Se questi sono i parametri di chi ci governa, aveva ragione Matarrese a dire, dopo la morte di Raciti, che i morti nel calcio fanno parte del sistema. Di questo sistema. E invece, di vita umana in vita umana, è il calcio stesso che sta morendo. Gli stadi sono sempre più vuoti: brutti, freddi, insicuri, perché una persona normale dovrebbe andarci? Ci vuole un coraggio da leoni certe volte per andare alla partita. Vi pare normale? Qualcuno mi ha risposto: il calcio è lo specchio di una società malata, violenta. Non è vero. Decine di migliaia di persone si riuniscono ogni settimana per i grandi concerti rock, o per manifestazioni politiche, o per guardare le sfide di basket o rugby. E non succede nulla. Nulla. E lì non ci sono tornelli, biglietti nominali, metal detector, schedature. Si va, si partecipa e si torna a casa sereni. E' il calcio ad essere malato, ad esprimere tutti gli istinti peggiori della nostra società. E questo per una ragione semplicissima. Perché abbiamo avuto i peggiori dirigenti del mondo, perché i politici non ci hanno capito nulla quando non hanno scelto di coprire certe frange violente, e perché noi tutti con la violenza e con i violenti non abbiamo mai voluto fare davvero i conti. Perché quando due ministri, la Melandri e Fioroni, annunciano che faranno un giro d'Italia delle scuole con i calciatori per parlare ai ragazzi, per insegnare lealtà sportiva e rispetto, e poi se ne dimenticano, nessuno gli intima di andare a casa. Perché quando i presidenti dei club incassano i soldi dei diritti tv, poi non mettono neanche un euro per darci stadi più sicuri. No, meglio comprare un terzino in più, della sicurezza dei tifosi".
Ma qualcuno si è chiesto come ha fatto entrare allo stadio di Bergamo il coperchio del tombino? Sbaglio o è stato preso fuori dallo stadio e fatto entrare dentro? Ma com'è possibile? A noi ci tolgono le chiavi di casa? E il questore ha fatto andare via la polizia!!!
RispondiEliminaA roma, dopo le manifestazioni del pomeriggio in giro per l'Italia, si poteva prevedere che a Roma volessero fare macello..E a Roma dove penso ci sia più polizia, carabinieri ed esercito che nel resto d'Italia, non sono riusciti a fermare gli ultras-vandali???
Scusate, ma allora, oltre a dover cambiare la mentalità di chi va allo stadio, bisognerebbe riorganizzare le forze dell'ordine e i capi delle suddette farsi un'esame di coscienza, perchè non ha senso poi vietare ancor di più le trasferte, quando in trasferta domenica non è successo proprio niente.
E capisco la rabbia di domenica, ma non andava sfogata così. Un conto è fare cori come abbiam fatto noi, o cortei, un altro è fare quel degenero. Tutto questo è servito solo a mettere ancor di più in cattiva luce il nostro mondo, e nient'altro. Domenica è successa una cosa gravissima per tutto il mondo intero. Un ragazzo, non un delinquente, un mafioso, uno spacciatore. Un ragazzo, una persona, che potrebbe essere chiunque abiti questo malato mondo, è stato ucciso da una persona che fa parte di quelli che dovrebbero difenderci. Si sarebbero dovute fare manifestazioni davanti ad ogni questura di tutta Italia, manifestazioni pacifiche ma di protesta, a cui avrebbe dovuto aderire chiunque, ultras, lavoratori, operai, mamme, bambini, anziani, TUTTI.
Non mi sembra un articolo da quotidiano nazionale...troppe verita' e nessuna banalita',induce la gente,anche solo per un attimo,a ragionare.
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