sabato 19 ottobre 2013

Giottopensiero

Andrea Caverzan ha rilasciato una lunga ed interessante intervista al sito calciospezzino.
C’è stato un tempo con una “camiseta” bianca sulle spalle ed un numero 10 dal sinistro vellutato. C’è stato un tempo di una squadra che infiammava il catino ribollente di tifo che era l’Alberto Picco. C’è stato un tempo, una decina di anni fa, che dalla “Curva Ferrovia”, cuore pulsante del tifo di quell’infuocato stadio, si alzava il coro “Quando calcia col sinistro sembra un brasilian! Caverzan, Caverzan, “Giotto” Caverzan!!”. Un coro che al Picco è riecheggiato per tre stagioni condite da 53 presenze e 7 gol. Stiamo ovviamente parlando di un giocatore entrato nel cuore dei tifosi “aquilotti”, stiamo parlando di Andrea “Giotto” Caverzan ex trequartista ed oggi allenatore di calcio della blasonata Imperia nel campionato di Eccellenza Ligure. Benvenuto Andrea nella nostra sala stampa virtuale e grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande in questa intervista.

Inizierei dalla tua carriera di calciatore e ovviamente dalle tre stagioni che hai passato nello Spezia Calcio. Che triennio è stato per te e quali emozioni ti porti ancora dietro?
"Le emozioni sono sempre vive perché comunque indossare la maglia dello Spezia è sempre stata un emozione in ogni singola partita. Tre anni fantastici sia come gruppo, che per i risultati che sono mancati solo per un soffio. Mi sono trovato molto bene anche fuori dal calcio e penso di aver lasciato un buon ricordo".

Dalla curva si sentiva spesso il famoso coro, che emozione era per te e com’era il tuo rapporto con il “caldo” pubblico dell’Alberto Picco?
"Quando una tifoseria ti dedica un coro penso che sia un segnale di quello che stai facendo. Ho sempre cercato di dare il massimo quando ero in campo fosse per 90’ minuti o solo per quindici non faceva differenza, l'importante era uscire dal campo con la maglia sudata. Penso che per questo motivo sia stato apprezzato dal pubblico, oltre per le mie caratteristiche tecniche che potevano esaltare i tifosi. Avevo la fortuna di avere un sinistro con cui riuscivo a fare cose buone. Così si è creato questo bel rapporto con i tifosi che mi rimane tutt’ora dentro. Seguo lo Spezia e lo vengo a vedere spesso, è sempre uno dei primi risultati che chiedo. E’ una squadra che mi è entrata nel cuore e che non mi ha mai abbandonato, un legame indelebile con i suoi tifosi e con l’ambiente. Il mio sogno è tornare in futuro, visto che ora faccio l’allenatore, partendo magari dalle giovanili per poi arrivare in prima squadra. Sì, il mio sogno in futuro è la panchina delle Aquile".

Pensi che sia stato quello il tuo momento migliore in carriera o sei particolarmente legato anche ad altre esperienze calcistiche?
"Credo che per me sia stato un triennio molto importante. Venivo da una squadra di B come il Cittadella con cui avevo fatto bene ed ero quindi maturo per questa piazza. Io credo che per giocare a Spezia bisogna avere i giusti attributi e la giusta personalità. Anche se sicuramente ho fatto buone cose da altre parti questa esperienza me la sono sempre portata dietro".

So che te lo avranno già chiesto infinità di volte, ma com’è nato e dove il soprannome “Giotto”?
"Il soprannome “Giotto” nasce perché la mia caratteristica principale fin da piccolo era quella di battere i calci da fermo con il mancino “pennellando” le punizioni. E’ nato quindi questo soprannome che poi mi sono portato dietro per tutta la mia carriera".

Forse non molti se ne ricordano, ma hai avuto anche una parentesi alla Juventus. Che ricordi ti porti dietro di quella esperienza?
"Sono andato lì che avevo diciotto anni, ho fatto cinque anni di proprietà Juventus, tre anni lì e due in prestito. Esperienze a quei livelli, anche se non hai lo spazio, ma ci sei e vivi l’ambiente, le preparazioni e l’allenamento ti insegnano qualcosa di veramente importante. Devi assorbire tutto quanto, con tutti quei campioni che ti insegnano qualcosa. E’ esperienza che entra e ti porterai per sempre dietro. Ad allenarsi con i fenomeni riesci a migliorarti. Mi allenavo con Roberto Baggio e cercavo di vedere, carpire e di imparare da lui. Mi ha insegnato atteggiamenti di vita e di come stare in un gruppo importanti. Averla fatta già a 18 anni quella esperienza mi è servito tantissimo per la mia carriera".

Sei stato anche nella Nazionale Under 17 ed Under 20 partecipando ai Campionati Mondiali di categoria, che ricordi hai?
"Sono ricordi che mi porto dentro e non mi dimenticherò mai. In Cina a sedici anni sentire l’inno della Nazionale per la prima volta…sono emozioni incredibili! Per quella categoria sei con i diciotto più forti, esperienze che ti temprano e che ti lasciano tanto. Anche in questo caso te le porterai dietro per tutta la vita. All’Under 20, con un più di esperienza, per me è stato il massimo".

A fine carriera hai deciso di fermarti per un po’ alla Spezia iniziando il tuo percorso nei Dilettanti come calciatore vestendo per due stagioni la maglia del Fo. Ce. Vara. Che esperienza è stata?
"In due anni ho fatto ben 25 gol e mi sono riscoperto bomber. Ho allenato la Juniores con buoni risultati e da li ho iniziato ad allenare. Non so perché le strade si siano divise, comunque porto con me un bel ricordo".

Ora sei l’allenatore della blasonata Imperia, squadra che milita nel campionato di Eccellenza Ligure. Le differenze tra giocatore ed allenatore in queste categorie?
"Da giocatore è normale che ti diverti molto di più. Da fuori hai più responsabilità, che comunque sono belle responsabilità. Cerco di portare tutto quello che hai imparato nelle mie quasi 700 partite da professionista. Cerchi di riversare le tue esperienze e tutto quello che hai appreso in campo sui tuoi ragazzi. Ho appreso da tanti allenatori, una ventina circa, e mi porto dietro sia cose belle che cose brutte, ma che comunque ti formano. Ho vinto tre campionati su cinque e questa è la dimostrazione che il lavoro fatto con passione ed esperienza paga sempre".

Quali sono gli obbiettivi dell’Imperia dopo la crisi societaria e la retrocessione della scorsa stagione?
"La società ha cercato di fare una squadra con ragazzi del posto, spendendo poco e trovando quindi atleti giustamente motivati. Abbiamo creato una buona squadra anche se l’obiettivo è quello di salvarsi. Io personalmente aspiro a di più, non ho la mentalità della salvezza. Il mio obiettivo mentale è quello di puntare sempre in alto. Io lavoro di domenica in domenica pensando alla partita, il mio obiettivo ha scadenza ogni sette giorni. Mi preparo per quello. Alla fine del campionato, poi, si tireranno le somme".

Che campionato credi che sia questo di Eccellenza Ligure e quali squadre ti hanno maggiormente impressionato finora?
"Credo sia un campionato interessante con un girone unico che prende tutta la regione, che è seguito e dove ci sono giocatori di qualità. Finale, Argentina, Cairese e Magra Azzurri secondo me sono le quattro più forti. Squadre che hanno investito molto e bene. Penso che la Fezzanese sia una squadra che potrà dare noia a tutti vista l’esperienza e la qualità. Una mina vagante come spero possa essere anche l’Imperia. Sarà comunque difficile per tutti andare su tutti i campi e sarà un campionato combattuto fino alla fine".

L’ultimo incontro è stato proprio contro la Fezzanese. Che partita è stata?
"Abbiamo vinto, ma è stata molto dura. Tra le squadre incontrate finora è stata sicuramente la partita più dura. La Fezzanese è una squadra solida, quadrata ed abbiamo avuto anche un po’ di fortuna visto che gli mancavano un paio di pedine importanti. Devo fare veramente molti complimenti ai miei ragazzi che hanno dato il massimo e grazie al loro impegno siamo riusciti a vincere".

Quanto credi che conti nel calcio dilettante la figura dell’allenatore?
"Penso che conti parecchio, anche se a livello di calcio dilettante penso contino di più quelli del settore giovanile. Penso debba cambiare l’istruzione dei ragazzi: prima bisogna insegnare come stare in un gruppo e poi a livello tecnico. Nelle prime squadre arrivano ragazzi a cui mancano le basi e per gli allenatori è un handicap perché, oltretutto, c’è la regola del “fuoriquota” e devi far giocare per forza i giovani. Secondo me c’è da impostare un lavoro diverso perché tanti sono portati a guardare troppo “Sky”, a scaricare le tabelle dei “grandi allenatori” da internet invece di insegnare palleggi, di insegnare come si stoppa un pallone, insomma i fondamentali, oltre ai giusti movimenti in campo e quelli del singolo reparto che, in verità, sono la base del calcio. Personalmente se io in prima squadra avessi un allenatore che ha fatto 700 partite nei professionisti mi informerei e chiederei consigli, invece in sei anni che alleno nessuno mi ha mai chiesto niente. Manca la volontà di andare a capire e vedere. Ognuno guarda al proprio orticello e quasi tutti guardano al risultato e non al miglioramento del ragazzo".

Pensando alla tua carriera da mister e correndo avanti col tempo di qualche stagione dove ti vedi tra qualche anno e quali sono i tuoi obbiettivi personali da realizzare nella carriera da tecnico?
"Nel mondo del calcio è difficile emergere perché il calcio lo muovono i procuratori. Alle volte non arrivi per meritocrazia e questa è una grossa lacuna nel nostro mondo. Siamo arrivati a livelli in cui bisognerebbe fermarsi un pochino a riflettere visto che tutto è mosso da procuratori e direttori sportivi. Si guarda più al denaro che hai meriti di quello che uno sa e fa a livello pratico".

Capita mai che ti fermi a fine sessione di allenamento ad insegnare ai tuoi ragazzi i tuoi proverbiali calci di punizione?
"Si qualcuno me lo chiede, ma dico sempre che è tempo sprecato perché non saranno mai come me. A parte Prunecchi che è uno specialista che la mette sempre dove vuole".

Cosa ne pensi di Calcio Spezzino?
"Lo apro spesso e lo guardo per vedere i risultati, le classifiche, le cronache delle partite e le squalifiche. E’ completo ed è molto bello perché il calcio è di tutti e voi il calcio lo vivete in modo completo. Ragazzi come voi, che si interessano anche di quello che fanno sotto alle serie professionistiche ce ne vorrebbero di più. Il calcio, dagli Amatori alla Serie A, per chi scende in campo è la stessa cosa, solo che nelle serie inferiori c’è molta più passione, in quelle superiori è un lavoro. Quindi Calcio Spezzino è molto bello per chi ama il calcio, è bellissimo tutto il lavoro che state facendo. Ci vuole tantissima passione. Veramente complimenti".

Vuoi aggiungere ancora qualcosa prima di salutarci?
"Saluto i tifosi dello Spezia per quello che ho ricevuto e quello che mi porto ancora dentro. Un grosso augurio lo faccio, a partire dai ragazzi della prima squadra a tutte le formazioni giovanili, di centrare i propri obbiettivi stagionali. Ai tifosi dico di stare vicini alla squadra. Hanno un allenatore veramente valido in panchina che conosco personalmente, così come il diesse Romaiorone, con cui ho giocato, che è molto competente ed ha molta passione e lo ha già dimostrato nella sua esperienza a Vercelli. Credo che con questa accoppiata e con una società così solida ci siano ottimi presupposti". 

4 commenti:

  1. Andrea Caverzan, uomo in più di questa squadra!!! Congratulazioni x quello che stai dimostrando!

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  2. Altro che "mister" Lupo....AUUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!!

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  3. PresunGIOTTO...hai perso dei punti con questa intervista

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  4. Andrea,secondo me l'anonimo delle 23:59 è un allenatore di qualche settore giovanile,si è sicuramente sentito chiamato in causa,la verità fa male!

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