lunedì 18 gennaio 2021

Torta D riso finita?

Arriva un altro colpo pesantissimo per lo sport dilettantistico e giovanile. Non si tratta ovviamente solo di calcio ma è una norma che riguarda tutte le discipline sportive praticate dai non professionisti.

In un documento firmato dal Ministero della Salute in data 13 gennaio, viene specificata nei dettagli la nuova normativa che interessa l’idoneità all’attività sportiva agonistica per tutti gli atleti non professionisti che hanno contratto il Covid-19. Anzi, il documento va oltre e inserisce nell’elenco anche chi ha avuto sintomi specifici del coronavirus pur in assenza di diagnosi di Sars-Cov-2. Tutti gli atleti che accuseranno il Covid-19 dovranno rimanere fermi per almeno due mesi. Una decisione che di fatto mina in modo consistente la possibilità di tante formazioni di partecipare ai rispettivi campionati. 

Nel dettaglio, il documento del Ministero della Salute, seguendo indicazioni “proposte dalla Federazione Medico Sportiva e condivise con il Dipartimento dello sport, con il Coni, il Comitato Italiano Paralimpico e le altre società scientifiche” prevede che un atleta colpito da Covid-19 debba attendere trenta giorni dall’avvenuta guarigione e quindi effettuare nuovamente la visita medico-sportiva integrandola con ecocardiogramma color-Doppler. I conti sono presto fatti: circa un paio di settimane per risultare negativi oppure “dall’avvenuta scomparsa dei sintomi”, un mese di attesa per la nuova visita e quindi “una graduale ripresa dell’attività sotto il controllo del Responsabile sanitario della società sportiva”. Dunque anche se la visita medica fosse prenotata il 31° giorno (operazione teorica, visto che in pratica sarebbe quasi impossibile) ecco che prima di rivedere in campo l’atleta trascorreranno almeno due mesi.

Attenzione, perché fino a questo momento abbiamo parlato di atleti che hanno presentato “malattia lieve”. Per chi ha registrato sintomi più seri, dovendo ricorrere a terapie antibiotiche, cortisoniche o epariniche o a chi addirittura è stato ricoverato in ospedale, vengono richiesti controlli ulteriori, come esami ematochimici, holter per 24 ore e, a giudizio del medico, anche diagnostica per immagine polmonare e diffusione alveolo capillare.

Molto probabile dunque prevedere che lo sport si dividerà in due: chi potrà permettersi le visite a pagamento avrà la possibilità di rientrare dopo due mesi, chi invece dovrà mettersi in fila con un servizio pubblico già in questo momento oberato rischia di veder prolungati notevolmente i tempi.

Nel documento si prevede un modo per “accorciare” l’attesa, ma è riservato solamente a chi svolge attività di livello nazionale o internazionale. “Qualora l’atleta – recita la nota – necessiti, per motivi agonistici di livello nazionale o internazionale, di ridurre il periodo intercorrente tra l’avvenuta guarigione e la ripresa dell’attività, potrà essere adottato, su giudizio del medico valutatore, il protocollo di esami e test previsto dalla Federazione Medico Sportiva Italiana per la ripresa dell’attività sportiva degli atleti professionisti” che prevede, in base alla gravità dei sintomi riscontrati, ecocardiogramma color doppler, esami ematochimici, radiologia polmonare e nulla osta dell’infettivologo.

Le istruzioni fornite dal Ministero della Salute, se rimarranno in vigore anche per il prossimo futuro, potrebbero davvero mettere in dubbio non solo la fine sempre più improbabile di questa stagione agonistica, visto che, senza considerare dall’Eccellenza in giù, anche anche in calciatori di Serie D sono considerati non professionisti. Ma anche il futuro dei dilettanti, mettendo in dubbio l’inizio dei prossimi campionati.

(tratto notiziariodelcalcio.com)

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