mercoledì 26 gennaio 2022

Lupolipensiero

Bellissima intervista rilasciata da Arturo Lupoli a ‘Stadio Aperto’, trasmissione in live streaming sui social del gruppo editoriale ‘morenews’

”Sono qua perché ho voglia ancora di dire la mia. In questa prima parte di stagione sono stato a Fidenza dove le cose non sono andate per il verso giusto, con due infortuni che mi hanno limitato. L’Imperia mi ha cercato fortemente e mi piacciono le sfide: sono in una fase della carriera dove contano più le motivazioni che non le offerte economiche.

Parlando con il direttore Alfredo Bencaridino la squadra aveva bisogno di personalità e di elementi che portassero esperienza. E in quest’ottica ben si inserisce anche il ritorno di Federico Virga “ Dovremo resettare tutto. Ricominciare dopo un mese di stop è come se partisse una nuova stagione. La classifica conta ma dobbiamo ragionare come fosse la prima giornata.

Speriamo di partire col piede giusto e portare a casa dei risultati nelle prime partite. Farà la differenza. Abbiamo lavorato tanto sia dal punto di vista fisico che tattico. E’ importante cominciare bene perché nel calcio c’è bisogno di riscontri immediati, a livello di risultati, sul campo.

Nicola Ascoli mi ha chiesto una mano in più nella manovra offensiva. La  squadra ha tutte le carte in regola per uscire dall’attuale situazione di classifica: ci sono giocatori davvero di qualità e giovani con buone doti. Ora toccherà a noi mettere tutto assieme e ottenere risultati sul campo.

Diversi mi hanno impressionato e non riesco a dirne soltanto uno perché sarebbe riduttivo. Dietro, Petti ha un valore enorme a livello carismatico che si fa sentire nello spogliatoio. Coppola ha già un passato importante nonostante sia ancora giovane e penso possa avere un futuro luminoso. Stiamo provando i due terzini, classe 2003, Lorenzo e Gioiele (Losasso e Deiana Testoni, indirettamente Lupoli fornisce delle nuove indicazioni tattiche ndr) che sono giovani e con gran voglia di crescere. Noi ‘vecchietti’ abbiamo il compito personale di aiutarli a mettersi in luce. Il gruppo comunque è sempre disponibile e con i ragazzi ho davvero piacere a lavorare perché danno valore al lavoro ed ai consigli dei più esperti.

Voglio contribuire agli obiettivi del gruppo e un attaccante deve farlo con i gol. Saranno importanti le reti che porteranno punti, quindi non c’è un numero preciso. Poi una volta fuori da questa posizione di classifica , che non rispecchia il valore della rosa, potremo ragionare sugli obiettivi di ognun. In primis bisogna tirarci via da questa situazione.  

Gli anni trascorsi coi ‘Gunner’ con la maglia dell’ Arsenal sono stati gli anni più belli e formativi della mia carriera. Sono arrivato là dopo aver vinto il campionato Allievi col Parma e fatto le trafila nelle Nazionali. Dato che ero ancora minorenne, furono i miei genitori che ebbero maggior peso sulla scelta. Quando però senti la parola ‘Arsenal’ ti scatta qualcosa dentro. Ebbi subito la possibilità di andare in ritiro con la Prima Squadra e allenarmi con Henry, Vieira, Ljungberg, Pires e tanti altri, è sicuramente motivo di orgoglio.

La ciliegina fu sicuramente l’esordio in Premier League così come le partite in FA Cup e Coppa d’Inghilterra dove fui bravo e fortunato a  trovare i gol. Sono quelle esperienze che ti segnano e ti cambiano tantissimo, soprattutto quando accadono in una fase di crescita, a 17-18 anni, perché impari una lingua  e una cultura diversa. Ricordo ancora quando Henry nel 2006 tornò dal il Mondiale perso in finale con l’Italia, aveva avuto un paio di settimane in più per riposarsi, ma all’arrivo al centro sportivo di Saint Albans mi fece un gesto scherzoso per dire che avevamo dei conti in sospeso. Non voleva parlare con gli italiani e in allenamento pensava alle fasi di gioco di quella finale, come un pallone che Trezeguet, mi pare di ricordare, non gli servì indietro e poteva chiudere la partita. Anche la notte tornava spesso a quella finale perchè sono partite che ti levano il sonno.

‘Titi’ Henry è un ragazzo d’oro che rispecchia il grande campione che è stato: il primo a salutare all’arrivo al campo, a darti un abbraccio o un consiglio quando qualche giovane ne aveva bisogno. Sono rimasto impressionato dall’umanità di Henry, Vieira, Pires che sono grandi campioni ma poi raramente ho ritrovato leader come loro, sempre disponibili. Tra gli altri aneddoti, porto nel cuore la partita Real Madrid-Arsenal di Champions League, nel 2006 al Bernabeu. Mi sedetti sulla panchina e davanti a me si affrontavano i miei due idoli: Ronaldo, il fenomeno ed Henry. Anche io ero curioso di vedere il vincitore. Finì 1-0 per noi con gol di Henry che partì da centrocampo.

Oggi ho il rimpianto di non aver fatto qualche anno in più in Inghilterra, dopo anche le belle esperienze in Championship. L’amore per la squadra è viscerale: ma chiuso il week-end, si chiudono le discussioni e si riapre il tutto nel fine settimana successivo. Senza le tante pressioni che ci sono in Italia, tra quotidiani radio e media. Là sono 20 anni avanti, in primis a livello di strutture: penso a squadre come Derby County e Sheffield, dove ho giocato, hanno sette-otto campi di allenamento, la palestra, la mensa e scuole per far studiare i ragazzi; in Italia, soltanto Juve, Milan ed Inter sono ugualmente attrezzate. Già nelle squadre di fascia medio-alta di Serie A non è così. Tutti fattori che concorrono a rendere la Premier il campionato più bello del mondo.

Non capisco le regole ‘Under’ di Serie D e Serie C: costringi un giovane a giocare e magari non è pronto. In un paio di anni poi diventa vecchio. Io sono convinto che i giovani forti, che abbiano 18-20 anni, giocano senza bisogno di obblighi. Al momento è più facile cambiare la mentalità dei giocatori: in passato, per un rigore causato, un autogol o una diagonale sbagliata rischiavi che l’allenatore ti mettesse in tribuna per un po’ e i giovani giocavano con l’ansia. I ragazzi bisognerebbe farli allenare a 15-16 anni già con i grandi, perché poi i campionati Beretti e Primavera diventano inutili se alla lunga giocano sempre i soliti  tra di loro. L’allenamento con i più grandi è importante per la crescita e la preparazione, lo sostiene anche Ragnick ad esempio. L’inizio sarà difficile, anche prendendo tanti colpi, ma è l’unico modo per ambire ad un livello alto”.

2 commenti:

  1. che bella intervista! pensare che abbiamo una simile miniera di aneddoti e sapienza calcistica e la nostra società non la utilizza è davvero assurdo. Si sono limitati all'ormai classica intervista di presentazione (oltretutto due settimane dopo il suo arrivo) con le solite scontatissime 4 domande... abbiamo mai avuto, da Rotella in poi, un calciatore che abbia avuto una carriera come quella di Lupoli?

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  2. Lupoli a cuore aperto, tutto bellissimo. Intanto il Fossano strappa 1 punto a Chieri e la classifica si fa sempre più brutta. Ma noi abbiamo Ascoli...che cavolo ce ne frega !

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