mercoledì 23 settembre 2009

Pro contro Pro in Lega Pro



Copio/incollo da "La Stampa"
A Vercelli c’è un derby e non ci sono cugini, niente parentele tra due squadre che si sono decise a guardarsi solo dopo un ferito, tre arresti e una decina di daspo usciti da una zuffa senza senso.
Le due società si sono incontrate per la prima volta domenica, stanno entrambe in Lega Pro, seconda divisione cioè periferia del calcio che conta o primo passo verso la grandezza a seconda del punto di vista. E in questa storia le prospettive sono molto diverse. Vista dalla Pro Vercelli, glorioso passato fatto di sette scudetti, tanti ricordi importanti, tutti in bianco e nero, e quindici anni di confino ai margini del pallone, la Lega Pro è un posto dove si sta stretti e la parola derby un eccesso perché «le squadre importanti con cui confrontarsi sono altre», come ripetono i tifosi. Vista dalla Pro Belvedere, cresciuta in un oratorio salesiano, sogno di quartiere e avventuroso progetto con il Chievo come modello, la Lega Pro è un inizio carico di aspettative e il derby il primo respiro di celebrità. Lo scontro era inevitabile.
In campo ha vinto la Pro Vercelli, 1-0, fuori si sono presi a bottigliate e senza neanche due curve da dividere. La Pro Belvedere è troppo giovane per avere degli ultrà, hanno importato applausi da fuori, con il gruppo di Tronzano venuto in massa per sostenere un amico, il portiere di riserva, e riempito il settore ospiti con i ragazzini della Berretti, vanto del nuovo club.
Per le strade intorno allo stadio erano tutti cani sciolti, niente gruppi o bandiere e la polizia ha lasciato che tre uomini superassero quello che in realtà sarebbe stato un cordone di sicurezza. Mai visti derby prima, mai esistita la necessità di separare le persone.
È bastata qualche provocazione davanti al Bar dello stadio per far partire i pugni e il proprietario del locale fa ancora fatica a crederci: «Io qui ho una clientela di sessantenni che vengono e mi hanno ordinato di tirar giù le serrande e farli uscire da dietro. Figuriamoci se c’era bisogno di ‘sta scena».
Troppo caos per via Massaua dove sono ordinati anche i murales sul cancello di entrata e al numero civico prima dello stadio c’è la sede delle Pro Vercelli. Più che istituzionale. I provercellesi si sentono a casa lì e sono infastiditi dai giovani rampanti che costruiscono campi in erba sintetica nel quartiere Belvedere per far allenare i pulcini. Hanno ampliato il centro sportivo e c’è anche il pannello degli sponsor, già pronto per qualche risultato speciale. Il club lo gestisce una cooperativa che prima ha bussato in casa Pro Vercelli, avevano preso in gestione il settore giovanile poi si sono spinti oltre e sono stati accompagnati alla porta.
Il presidente oggi è Massimo Secondo, imprenditore, lavora nel settore anziani e propone un comunicato congiunto tra le due società per calmare la piazza: «Avere il monopolio calcistico della città per loro era più semplice, noi abbiamo sempre dato una mano alla squadretta di rione e l’abbiamo rilevata per spingerla al massimo. Abbiamo trovato più finanziatori del previsto, ora manca cultura sportiva per gestire certe giornate. Servirebbe più rispetto reciproco».
Dall’altra parte c’è Vero Paganoni, impegnato nel settore edile e straniero di Chivasso. Sul muro del tifo organizzato lo chiamano «nonno Vero» e lui non era allo stadio ma capisce bene da dove arriva la scintilla: «quei lì», cioè quelli che hanno risollevato la Pro Belvedere, «sono bravi ragazzi, a me non danno fastidio, anzi meglio che ci sia competizione.
Certo l’ambiente non era preparato, la gente si chiede perché in una città così piccola bisogna disperdere i soldi invece di usarli per far tornare grande la Pro Vercelli».
Dietro le quinte una scia di dispetti, le due dirigenze non sono riuscite neanche a mettersi d’accordo sugli steward per la sicurezza, vari incontri per trovare una soluzione e dividere le spese e nessuna intesa.
Al centro Ardizzone, rimodernato dai rampanti della Belvedere, Italo, memoria storica del quartiere, racconta di «docce fredde che ci lasciano allo stadio quando tocca a noi e accuse perché gli rovineremmo l’erba. Quelli vorrebbero i denari di tutti e poi comandare loro. Si devono rassegnare, non sono più soli». Qualche giocatore della Pro Vercelli ha esibito la maglia «Io non ho cugini». Per la sfida di ritorno è già partita la diplomazia: «Ci faremo vedere insieme», garantiscono i presidenti, ma di stringere parentele tra città e quartiere non se ne parla.

Pro Vercelli, Pro Belvedere, Lega Pro... c'è una parola che si ripete e che mi rimbomba in testa... ma non capisco quale... ah si! forse ho capito.
Una storia che invita a riflettere e che mi fa trarre una sola considerazione: quando potremo anche noi passare una domenica così?
...cosa avete capito... a giocare una partita in serie C2 (io, da buon nostalgico, la chiamo ancora così)...

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