"Siete la Riviera dei Fiori che usa le maglie e il nome sacro dell'Imperia"

martedì 15 luglio 2008

Il saluto di Daniel


Ciao a tutti, sono Daniel Bisogno, ho giocato quasi due anni ad Imperia, città che porterò sempre nel cuore. Voglio salutare tutti tifosi di questa bella città, che mi hanno trattato sempre bene. Mi dispiace troppo che per l'Imperia sia finita così.
Che fine ho fatto? Dopo Imperia sono andato in Sardegna: sono 3 anni che gioco qua, Castelsardo, Budoni e Quartu 2000. Col Budoni ho perso spareggio per salire in D nel 2006/07 : tutte queste squadre giocano in Eccellenza. Adesso sono ancora in Sardegna, ma non so dove andrò a giocare la prossima stagione, forse nel Castel Sangro ( Eccellenza).
Un abbraccio forte a tutti i tifosi e forza Imperia.

Noi tutti lo ricordiamo con piacere, come calciatore, un po' lento ma bravissimo tecnicamente e come una brava persona.
Ecco la sua carriera in Italia (grazie a Massimo di Finale Ligure):
BISOGNO Daniel Javier nato il 31-1-76 a Montevideo (Uruguay)
2000/2001 Salus B 4.0
2001/2002 Fanfulla D 15. 3
2002/2003 Fanfulla D 22. 1
2003/2004 Imperia D 25. 9
2004/2005 Imperia Ecc. 10. 4
Gennaio 2005 Nova Serenissima Bovolone Ecc. 13. 0
2005/2006 Castelsardo Ecc. 6. 1
Gennaio 2005/2006 Budoni Ecc. 14. 2
2006/2007 Selargius Ecc.
2007/2008 Quartu 2000 Ecc.

Ecco cosa ho trovato su di lui: un bel post del 28/03/2004 .
Daniel 'Cucciolo' Bisogno gioca oggi nell'Imperia, in serie D. Dieci anni fa si allenava come riserva della Seleccion uruguagia insieme a Fonseca, Recoba, O'Neill. Poi un infortunio a una caviglia...
Non solo ricchi e felici; ci sono anche calciatori inquieti e mal pagati. Le invidie e le ammirazioni toccano solo le vette dell'iceberg, ma più si scende di categoria e più, per i tanti ignoti e misconosciuti atleti, diventa difficile arrabattarsi, coi soldi soprattutto.
Poi ci sono i giovani illusi: gli stranieri del calcio minore, i giovani scovati negli angoli più distanti del mondo, e catturati con la promessa dell'Eldorado del calcio italiano.
Ne ho conosciuto uno, condividendo con lui una bella, importante, costruttiva amicizia. Si chiama Daniel Bisogno, soprannominato, per le sembianze fisiche di eterno fanciullo, "Cucciolo" dal nostro zio Athos
, che ne ha scritto sulla stampa locale, nei due anni che Daniel ha giocato nella Bassa padana.
Adesso "Cucciolo" Bisogno gioca nell'Imperia, campionato di serie D, girone E.
Daniel è un ragazzo uruguaiano; dieci anni fa s'allenava, pur come riserva delle riserve, nella Selección del suo paese, in compagnia di un più illustre Daniel, Fonseca, di Recoba, O'Neill, e tanti altri: era, come usa dire, una giovane promessa. Poi un infortunio alla caviglia lo costrinse ad una lunga, maledettissima assenza: quando tornò in campo, la testa non comandava più gli estri del piede; lo avrebbe confessato soltanto anni dopo, ma Daniel aveva paura, era bloccato dall'idea di farsi nuovamente male, di compromettere definitivamente, con un nuovo imprevedibile infortunio, il proprio percorso di calciatore. Fu una paura che lo attanagliò inconsciamente per parecchio tempo e lo costrinse ai margini del calcio. Daniel però sapeva di essere bravo, e solo col pallone tra i piedi si sentiva vivo e forte: decise così di emigrare, per liberarsi dagli incubi, dai pregiudizi, e di una fama, quella del timoroso, che sentiva non appartenergli. Andò in Messico e si prese le sue belle soddisfazioni, vincendo il titolo di capocannoniere nel torneo di seconda divisione.
Era una scommessa che vinceva con se stesso, e che lo scuoteva, galvanizzandolo nel tentare una nuova impresa: giocare in Italia. Qualcuno, infatti, lo chiamò. E lui corse: gli avevano promesso che avrebbe giocato in serie C. I suoi procuratori, tuttavia, non raggiunsero l'accordo con la società che s'era impegnata e lo dirottarono altrove, dove però non fu possibile, neanche questa volta, procedere al tesseramento, sino a quando non spinsero Daniel a Lodi, in una società, il Fanfulla, di nobili tradizioni, sani comportamenti, e ferma etica.
Daniel voleva vincere la sua sfida: confermarsi un giocatore vero. I tempi della Selección erano ormai lontani, ma c'era una ferita da rimarginare; soltanto affermandosi in Italia avrebbe potuto riconciliarsi con il suo paese, con chi non l'aveva saputo aspettare quando era in crisi, morso dalle paure, bloccato dall'ansia, intimorito che tutto, proprio tutto, fosse stato già perduto.
Quando prese a giocare con la maglia bianconera del Fanfulla, mancava di fiato: per mesi era stato costretto a seguire le vicende amministrative delle società a cui era stato promesso, e il campo di calcio era solo un'utopia.
Nei momenti di dubbio e smarrimento, estraeva dal portafoglio la fotografia di un suo zio: Juan Alberto Schiaffino. Gli serviva come talismano, perché quella stampa un po' ingiallita e un po' sgualcita aveva per il suo cuore un potere taumaturgico: il sangue non è acqua, pareva ripetere a se stesso, dimenticando però che lo zio era acquisito, e non un consanguineo diretto.
Con la squadra del Fanfulla, finalmente, rivelava sprazzi di intelligenza sopraffina, ma privi di costanza. La compagine lodigiana, in crisi, non poteva attenderlo: ma Daniel Bisogno seppe costruire la sua tela di rivincite, e alla fine convinse l'allenatore, Gianpaolo Chierico, timoniere dal naso lungo e dallo sguardo intelligente, e che ne aveva intuito la classe senza avere poi il coraggio iniziale di scommettere su di lui il tutto per tutto.
Daniel Bisogno seppe accendere di entusiasmi un pubblico corretto, competente, ma abulico e apatico come pochi. Quando stava in panchina, dagli spalti si udiva invocare il suo nome, al suo ingresso in campo erano scrosci d'applausi per i suoi lanci millimetrici, i cambi di gioco, le aperture intelligenti, i dribbling felpati, e quelle pause, quell'improvviso estraniarsi che solo i veri grandi campioni possiedono.
Ora Daniel Bisogno va per la trentina: ha avuto dal calcio quello che poteva ottenere, sa lui in cuor suo se poco o tanto. Ma ha vinto la battaglia sui rimpianti e sulle melanconie: è tornato a fare magie col pallone tra i piedi, e sa di avere un tifoso, in un luogo che lui immagina, capace di prendere un aereo, per andare ad applaudirlo ovunque, proprio in qualunque parte del mondo, prima che concluda la sua carriera.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Un imperia che giaà dava segni di pesanti scricchiolii con quell'andirivieni di giocatori e la retrocessione finale ai play out, ma lui era un bel giocatore.

Anonimo ha detto...

Ho un ricordo indelebile di Daniel, squalificato, seduto insieme a noi con Manuel Scaglione, a Celle Ligure per la gara contro il Varazze.
Lento, è vero, ma piedi da fuoriclasse. Infilato con altri 10 compagni in un appartamentino che andava bene si e no per 2. Un bel giocatore e, soprattutto, un bravo ragazzo che avrebbe meritato ben altro trattamento da parte del master &c.
A volte mi chiedo come sarebbero andate le cose se quel pallone calciato da lui, al 93° dello spareggio con il Venturina, fosse finito 10 cm più a destra...
In bocca al lupo, Daniel, e torna a trovarci...

Anonimo ha detto...

grandissimo anche in "Sogni di cuoio"

Anonimo ha detto...

con Graziano....